Adolescenza: genitori vs figli
- Margherita Zannoni
- 30 mar 2021
- Tempo di lettura: 4 min
"Quella fase precaria dell’esistenza che è l’adolescenza,
dove l’identità appena abbozzata non si gioca, come nell’adulto,
tra ciò che si è e la paura di perdere ciò che si è,
ma nel divario ben più drammatico tra il non sapere chi si è
e la paura di non riuscire a essere ciò che si sogna.
U. Galimberti
L'adolescenza rappresenta un momento della vita critico, caotico, spesso difficile da affrontare.
Durante questo particolare periodo è normale sentirsi confusi, arrabbiati, non compresi, inadeguati. Ci si trova in un limbo, in una "terra di mezzo": non si è più i bambini di mamma e papà , e non si è nemmeno adulti. L'adolescente si trova in mezzo al mare senza attracchi solidi che gli diano un'immagine, un'identificazione. Non sa quale abbigliamento gli è proprio, non sa cosa vuole fare nella vita, spesso si trova disorientato rispetto al desiderio sessuale e al suo orientamento. Non si riconosce più in un corpo che perde improvvisamente i connotati infantili trasformandosi, muovendosi, "parlando": il corpo, che negli anni della cosiddetta latenza era silente, inizia a farsi sentire, diventa imprevedibile, ingovernabile, si pregna di connotati sessuali.
I cambiamenti che un adolescente vive in questa età non sono paragonabili a nessun altro periodo della vita e questa mutevolezza, questa perdita di punti di riferimento può gettare il soggetto in uno stato di angoscia, di disperazione, di rabbia.

I significanti, le parole, le rassicurazioni dei genitori non bastano più; l'adolescente ha bisogno di navigare altrove, di cercare altrove identificazioni, spunti, figure di riferimento che lo aiutino a creare un suo linguaggio, a separarsi dall'Altro genitoriale per aprirsi a qualcosa di nuovo e soggettivo.
Questo aspetto mostra bene le motivazioni che accompagnano tutta la conflittualità che può caratterizzare il rapporto genitori-figli ove questi ultimi affrontino il periodo adolescenziale. I genitori spesso vivono questa conflittualità con disagio, senso di colpa o estrema tristezza; è invece fondamentale tenere a mente che questo momento di "scontro" è indispensabile per il giovane: contraddire la figura genitoriale, comportarsi o pensare in modo diverso rispetto ai valori e agli atteggiamenti introiettati durante l'infanzia dai genitori è ciò che "salva" il figlio da una deriva dolorosa di iper-dipendenza dall'Altro.
Il ruolo della provocazione, della sfida e dell’esasperazione nei confronti dell'Altro è centrale e finalizzato a "testarlo" nel suo limite: il genitore non è più un riferimento assoluto. Compare la spinta verso nuovi modelli, che possano fornire differenti visioni della realtà , orizzonti sconosciuti, potenzialità inedite. Il ragazzo o la ragazza sono alla ricerca di qualcosa che possa dare una risposta a quelle nuove parti di sè che emergono in modo dirompente e che non si conoscono ancora a sufficienza. Il soggetto adolescente non sa bene cosa cercare, per questo non è estraneo all'esperienza di confusione, di "sbandamento", di passaggio dall'idealizzazione alla svalutazione improvvisa di persone, esperienze, gusti, abitudini.
L'importanza dell'incontro e il ruolo genitoriale
In questo momento delicato e in questo clima di confusione, spesso l'incontro con un'esperienza, con un libro, con una persona adulta (un allenatore, un professore, un amico più grande) può essere fondamentale nell'aiutare il soggetto a trovare una direzione soggettiva e separarsi dalla famiglia di origine. Tale separazione non è da considerarsi tanto dal punto di vista fisico, reale: l’adolescente vive con i genitori, dipende economicamente da loro, rimane all'interno della casa genitoriale per ancora qualche tempo, nella maggior parte dei casi.
Intendo con il termine "separazione" qualcosa di più simbolico: si può stare vicino all'Altro dal punto di vista fisico, ma operare un sano "taglio del cordone", che possa permettere al soggetto di stare in piedi autonomamente, di poter fare a meno dell’approvazione dell'Altro, di trovare le proprie singolari passioni, gusti, direzioni.

Il momento adolescenziale è tanto difficile per il soggetto che la sperimenta, quanto per i genitori che vedono il proprio figlio staccarsi, cambiare improvvisamente, iniziare a dire "no", diventare meno gestibile e avvicinabile. La domanda che pervade spesso i genitori è: "cosa faccio?" ossia come mi comporto? lascio che vaghi rischiando errori, sbandamenti, strade sbagliate...oppure mi oppongo, restringendo le regole?
Nonostante sia assolutamente normale la preoccupazione che investe i genitori, dovremmo pensare che il ruolo del genitore è sempre quello di incarnare e dare il limite, mostrando sempre anche l'umanizzazione di questo limite. Cosa voglio dire con questo?
Che il primo e fondamentale compito di un genitore è dare la libertà al proprio figlio, non cedendo al proprio compito di genitori: spesso succede che alcuni genitori, piuttosto che rischiare di "perdere l'amore" di un figlio, si pongano non come madre o padre nei suoi confronti, ma come amici, compagni... Non è questa la strada per dare libertà ai figli.
Dare libertà al figlio significa piuttosto dare spazio alla sua scelta soggettiva, senza chiudere orizzonti solo perché si differenziano dai desideri e dalle aspettative che il genitore ha avuto e ha per quel figlio. Ciò che è importante è saper rinunciare a ciò che vorremmo da nostro lui o lei, per aprire alla possibilità che trovino la propria strada che può essere - anzi deve essere - diversa dalla nostra.
Questo non significa girarsi dall'altra parte, rifuggendo il ruolo genitoriale: il "fai ciò che vuoi" non è la strada. Direi piuttosto che la direzione dovrebbe essere: "Trova quello che desideri", anche sbagliando, anche cadendo, ma avendo il mio appoggio, il mio amore a prescindere da ciò che troverai.
"E' il dono più grande che possano fare un padre e una madre:
Donare libertà , saper lasciare andare i propri figli,
sacrificare ogni proprietà su di loro."
M. Recalcati